Saturday, April 10, 2010

quesito n. 4 - OPA Obbligatoria

I soci di riferimento della società Bianchi spa sono:
Alfa, titolare del 18% del capitale sociale
Beta, titolare del 10% del capitale sociale
Gamma, titolare del 5% del capitale sociale
Delta, titolare del 2% del capitale sociale


Sorge l'obbligo di lanciare un'OPA se:
(i) I menzionati soggetti sottoscrivono un sindacato di voto, impegnandosi a consultarsi prima di ogni assemblea;
(ii) I paciscenti si impegnano a nominare un rappresentante comune che esprima la volontà unanime eventualmente raggiunta durante la consultazione
(iii) I paciscenti si impegnano ad assumere nell'assemblea della Bianchi la posizione decisa dalla maggioranza del patto calcolata sulla base delle rispettive partecipazioni al capitale sociale della Bianchi spa

Saturday, March 27, 2010

Quesito 3 - OPA - Tecniche di difesa

La società Alfa è controllata da Beta, che detiene una partecipazione pari al 25% del capitale sociale.
Alfa emette delle azioni speciali prive del diritto di voto che, in caso di cambio di controllo, possono essere convertite volontariamente dai portatori in azioni ordinarie prima dell'assemblea eventualmente convocata per la revoca e nomina del consiglio di amministrazione.

Nell'ipotesi in cui Gamma lanci un'OPA su Alfa, al fine di acquisirne il controllo:

1) i portatori di azioni speciali possono aderire all'opa?
2) il potere di conversione, in assenza di previsione statutaria, richiede la preventiva autorizzazione assembleare ex art. 104 ?

cosa cambierebbe se Beta fosse titolare di una partecipazione pari al 51% del capitale sociale?

Saturday, March 13, 2010

caso n. 2 - offerta al pubblico di prodotti fnanziari

La società Alfa spa ha circa 1000 dipendenti.
Nell'ambito di un piano di incentivi salariali intende offrire in sottoscrizione 100 certificati azionari, ad un prezzo inferiore al prezzo di mercato, ai primi 99 dipendenti che raggiungeranno gli obiettivi di produzione previsti.
Queste azioni sarano dotate di clausola di lock up e non potranno essere negoziate per il primi 5 anni dalla sottoscrizione, onde rendere partecipi i lavoratori delle sorti dell'impresa.

Alfa è soggetta all'applicazione della disciplina di cui agli artt. 94 ss. TUF ?
cfr. art. 34 ter reg. emittenti

Saturday, March 06, 2010

Quesito n. 1 - Corso diritto del mercato finanziario

1) Una società propone sul mercato l'acquisto di quote di una multiproprietà, garantendo l'uso del bene per 2 settimane annue, ovvero la possibilità di trovare dei locatori per la multiproprietà, garantendo un reddito pari al 5% annuo.
La multiproprietà può essere considerata "prodotto finanziario" ?

2) Le quote della multiproprietà cedute sono incorporate in un titolo di credito e l'emittente ha creato un mercato on line che consente al titolare di scambiare i periodi di utilizzo della multiproprietà con altri titolari.
Il titolo è un prodotto finanziario ?
E' uno strumento finanziario?

3) il titolo di cui sopra può essere scambiato sul mercato on line anche con un controvalore in danaro: come può essere qualificato il titolo ?

cfr.http://www.consob.it/main/regolamentazione/normative/prod_finanziari_orientamento.htm#3

Friday, March 05, 2010

Lezione scuola forense - fallimento società

Giurisprudenza di riferimento

1) Il socio accomandante che ha violato il divieto di immistione non può invocare a suo favore la decorrenza del termine annuale, perché il compimento di atti gestori di fatto non consente ai terzi di conoscere né l'inizio, né la cessazione della sua attività di socio di fatto.

Tribunale Padova, 08 febbraio 2006 in Giur. comm. 2007, 5 1103 (NOTA)nota Occhilupo


2) Nella società in accomandita semplice, il socio accomandante che, avvalendosi di procura conferente ampio ventaglio di poteri, compie atti di amministrazione, interna od esterna, ovvero tratta o conclude affari della gestione sociale, incorre, a norma dell'art. 2320 c.c., nella decadenza dalla limitazione di responsabilità, la quale, in attuazione del principio di tipicità di cui all'art. 2249 c.c., è volta ad impedire che sia perduto il connotato essenziale di tale società, costituito dalla spettanza della sua amministrazione, ai sensi dell'art. 2318 c.c., al solo socio accomandatario; ne consegue che il fallimento della predetta società va esteso, ex art. 147 l. fall., anche all'accomandante cui siano state conferite due procure, denominate speciali ma talmente ampie da consentire la effettiva sostituzione all'amministratore nella sfera delle delibere di competenza di questi.

Cassazione civile , sez. I, 19 dicembre 2008, n. 29794 in Giust. civ. Mass. 2008, 12 1810

3) La posizione di unico quotista di una società a responsabilità limitata (nel regime anteriore all'entrata in vigore del d.lg. n. 88 del 1993, che ha modificato il testo originario del capoverso dell'art. 2497 c.c.) espone costui al rischio di dover rispondere di persona ed illimitatamente per le obbligazioni sociali nate nel periodo in cui egli si è trovato in tale situazione, se la società è insolvente, ma non per questo legittima il curatore del fallimento della stessa società ad agire, nell'interesse della massa, al fine di far valere l'indicata responsabilità del socio unico. La relativa azione, infatti, al pari di quella derivante dall'analoga previsione dell'art. 2362 c.c. per il caso dell'unico azionista di una società per azioni, non rientra nel novero delle azioni che originariamente avrebbe potuto esercitare la società fallita, e che dunque competono al curatore, bensì è attribuita esclusivamente ed individualmente a ciascun singolo creditore, legittimato ad esercitarla nei confronti di un soggetto (unico azionista o quotista) che non è stato dichiarato personalmente fallito e la cui responsabilità, per le obbligazioni sociali inadempiute, si affianca a quella della società fallita, senza che per questo egli si identifichi con la società stessa.

Cassazione civile , sez. I, 27 maggio 1997, n. 4701 in Fallimento 1998, 153 nota PATTI

4) Corte Cost., con sentenza 21 luglio 2000, n. 319, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 10 l. fall. "nella parte in cui non prevede che il termine di un anno dalla cessazione dell'esercizio dell'impresa collettiva decorra dalla cancellazione della stessa società dal registro delle imprese" e l'illegittimità dell'art. 147, 1° comma "nella parte in cui prevede che il fallimento dei soci a responsabilità limitata di società fallita possa essere dichiarato dopo il decorso di un anno dal momento in cui abbiano perso, per qualsiasi causa, la responsabilità illimitata".

4) Su ricorso del Tribunale di Trani, la Corte costituzionale ha emesso l'ordinanza 5 luglio 2002, n. 321, con cui ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 147, 2° comma, l. fall., con riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede un limite temporale, decorrente dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento principale, per la dichiarazione del fallimento del socio occulto illimitatamente responsabile di una società di persone.
La Corte ha negato la violazione del principio di eguaglianza, giudicandola "palesemente erronea" e ha individuato la netta differenza tra società registrate e società irregolari od occulte in particolare nelle disposizioni del codice civile in tema di responsabilità personale del socio per le obbligazioni delle società di persone, in cui possono essere opposte ai creditori solo le vicende regolarmente iscritte secondo quanto prescrivono gli artt. 2193 e 2200 c.c., salvo che questi ne abbiano avuto ugualmente conoscenza.
La diversità di disciplina è finalizzata a dare certezza alle situazioni giuridiche, attraverso la corretta pubblicità di impresa, che diventa discrimen della summa divisio tra società regolari e irregolari. La mancata registrazione risulta essere una scelta degli stessi associati, che così facendo occultano la loro qualità di soci, limitando la tutela dei terzi che con loro entrano in contatto. Se ne scaturisce che la fallibilità sine die dei soci e società che versano in una condizione di irregolarità è un contrappeso alla mancanza di trasparenza della loro condizione. Oltretutto essi si espongono a tale rischio volontariamente

5) Il principio, emergente dalla sentenza 21 luglio 2000 n. 319 e dalle ordinanze 7 novembre 2001 n. 361 ed 11 aprile 2002 n. 131 della Corte cost., secondo cui il termine di un anno dalla cessazione dell'attività, prescritto dall'art. 10 l. fall. ai fini della dichiarazione di fallimento, decorre, tanto per gli imprenditori individuali quanto per quelli collettivi, dalla cancellazione dal registro delle imprese, anziché dalla definizione dei rapporti passivi, non esclude l'applicabilità del predetto termine anche alle società non iscritte nel registro, nei confronti delle quali il bilanciamento tra le opposte esigenze di tutela dei creditori e di certezza delle situazioni giuridiche impone d'individuare il dies a quo nel momento in cui la cessazione dell'attività sia stata portata a conoscenza dei terzi con mezzi idonei, o comunque sia stata dagli stessi conosciuta, anche in relazione ai segni esteriori attraverso i quali si è manifestata. (Nella specie, la sentenza di fallimento aveva dato atto che la società di fatto era iscritta all'Albo delle imprese artigiane presso la Camera di commercio ma non risultava mai cancellata, non vi erano stati variazione della compagine sociale o scioglimento della società, né poteva assumere rilevanza la cancellazione della partita Iva, riguardando esclusivamente i rapporti con il Fisco).

Cassazione civile , sez. I, 13 marzo 2009, n. 6199 in Giust. civ. Mass. 2009, 3 452

Wednesday, March 18, 2009

Servizi ed attività di investimento

Quesito 1

Una sim che, su incarico di una banca, vende ai propri clienti i titoli di nuova emissione di una banca al prezzo imposto da quest'ultima, svolge attività di collocamento o di ricezione e trasmissione ordini?

E se i titoli non fossero emessi dalla banca, ma da un cliente della banca, da questa sottoscritti a fermo e poi affidati alla sim perché questa li ceda ai propri clienti?

cfr.
decisione consob

Quesito 2

L'attività della società Alfa che, tramite un sito internet, fornisce informazioni e consulenza in merito ad alcuni specifici investimenti, ed offre la possibilità di effettuare nel concreto gli investimenti proposti, tramite ordini inseriti dall'investitore nel sito internet della società Alfa, svolge un'attività riservata? Che tipologia di attività?

E se, nel concreto, la società Alfa effettuasse delle operazioni in nome e per conto dell'investitore in forza di procura e in assenza di ordini dell'investitore medesimo, ovvero a seguito della sottoscrizione di moduli d'ordine in bianco successivamente compilati dalla Alfa?

cfr. decisione consob

Friday, March 06, 2009

Lezione n. 1 Diritto Mercato e Intermediari Finanziari

Definizione di strumenti finanziari


Valori Mobiliari
1. Le partecipazioni in srl sono valori mobiliari ?
2. Le partecipazioni in spa, laddove vi sia una clausola di prelazione statutaria, sono valori mobiliari?
3. Le azioni di società cooperativa sono valori mobiliari?

cfr.
art. 1, comma 1 bis TUF
http://www.consob.it/main/documenti/bollettino_normativa/99018236.htm


Strumenti Finaziari
1. I certificati che attribuiscono al titolare il diritto di acquistare un certo quantitativo di vino a scadenza e che prevedono, in caso di inadempimento a tale obbligo, il pagamento da parte del debitore di una somma di danaro prefissata, sono strumenti finanziari?
2. I certificati di cui sopra, nel caso in cui a scadenza il titolare possa scegliere se ricevere il vino oppure una somma di danaro prefissata sono strumenti finanziari?

cfr. art. 1, comma 2 TUF
http://www.consob.it/main/documenti/bollettino_normativa/98082979.htm
NB La decisione Consob si riferisce alla normativa previgente e va adattata al nuovo testo

Tuesday, January 29, 2008

CONCORDATO PREVENTIVO

( ART.160 - 186 RD 16/3/42, N.267)

1 – DOMANDA DI AMMISSIONE ALLA PROCEDURA (Art. 161):

Presentata tramite ricorso del debitore con allegati:

Relazione aggiornata su situazione patrimoniale, economica e finanziaria;

Stato analitico e estimativo delle attività; ed elenco nominativo creditori;

Elenco titolari diritti reali;

Valore dei beni e creditori particolari dei soci illimitatamente responsabili ;

Relazione di un professionista, che attesti la veridicità dei dati e la fattibilità del piano.

2 - APERTURA PROCEDURA DA PARTE DEL TRIBUNALE (Art. 163, 1° co.)

(previa verifica regolarità e completezza documentazione) nomina commissario giudiziale

3- DEPOSITO SOMME COME DA DECRETO (Art. 163, 2° co., num. 4)

Entro la data fissata dal Tribunale, e non superiore a 15 giorni dal decreto 20%-50% spese che si presumono necessarie per la procedura

4- ADEMPIMENTI VARI ANTE ADUNANZA CREDITORI

ENTRO 15 GG. (dall’apertura della procedura): deposito 20% - 50% delle somme necessarie alla procedura

Comunicazione concordato ai creditori da parte del Commissario Giudiziale, a mezzo raccomandata o telegramma;

ENTRO 30 GG.: Convocazione dei creditori (stabilita dal tribunale in sede di apertura procedura);

3 GG ANTE ADUNANZA CRED.: redazione e deposito in cancelleria, da parte del Commissario Giudiziale, dell’inventario e della relazione sulle cause dissesto, condotta debitore, proposta concordato e garanzie offerte.

5-ADUNANZA CREDITORI (Art.174 -177) :

relazione commissario, discussione, contestazioni o esposizione ragioni dei creditori su inamm. Concord,

VOTO: richiesta maggioranza dei crediti ammessi al voto ( chirografari, o privilegiati che abbiano rinunciato) + maggioranza delle (eventuali) classi ;

Possibile continuazione dell’adunanza non oltre 8 gg. Successivi;

Sottoscrizione del verbale dell’adunanza dal giudice, dal comm.giudiz, e dal cancelliere.

6 – 20 GG POST ADUNANZA (Art. 178):

Termine per raccolta adesioni creditori a mezzo racc., telegramma o e-mail.

7 –UDIENZA CAMERA DI CONSIGLIO (Art.180)

partecipazione debitore e comm. Giudiziale ed eventuali creditori dissenzienti;

loro costituzione in giudizio 10 gg prima con presentazione memorie difensive;

Presentazione parere motivato del Comm. Giudiziale;

OMOLOGAZIONE con decreto motivato non soggetto a gravame;

8 -DECRETO MOTIVATO ( DI OMOLOGAZIONE)

Sua comunicazione al debitore e al Commissario Giudiziale;

Sua comunicazione ai creditori da parte del Commissario Giudiziale

Pubblicazione e affissione (art.17)

N.B.: OMOLOGAZIONE ENTRO 6 MESI DA RICORSO E AFFISS. SENTENZA:

Appello degli opponenti e del debitore entro 15 giorni dall’affissione.

Sorveglianza del commissario giudiziale su adempimento concordato

N.B. Durante la procedura di concordato il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale.

Per il compimento degli atti di straordinaria amministrazione il debitore deve chiedere, ed ottenere, l’autorizzazione scritta del Giudice Delegato (pena inefficacia rispetto ai creditori anteriori al concordato) (ART. 167 )

Tuesday, January 15, 2008

Lezione 16 gennaio 2008

Lezione del 16 gennaio 2008

il concordato preventivo

a cura della dott.ssa francesca martucci

Fasi concordato preventivo

1) presentazione ricorso in tribunale

2) approvazione, votazione e omologazione

3) esecuzione del concordato

n.b. L’IMPRESA CONTINUA A COMPIERE GLI ATTI DI ORDINARIA AMMINISTRAZIONE.

CONCORDATO PREVENTIVO

Art. 160, 1 comma

- “L’imprenditore che si trova in stato di crisi , può proporre ai creditori un concordato preventivo ,

- sulla base di un piano che può prevedere: ….”

Cosa è lo stato di crisi ??

E’ un concetto più ampio dello stato di insolvenza, è rappresentato, infatti, da tutte le situazioni di difficoltà economica e finanziaria, sia che si siano già tradotte, sia che non lo siano, nello stato di insolvenza. (Trib. Mantova, Pescara)

A chi compete la decisione di presentare il concordato??

1) Nelle società di persone commerciali (S.n.c- S.a.s.) spetta a tanti soci che rappresentino la maggioranza assoluta del capitale, calcolata in proporzione ai conferimenti eseguiti da ciascun socio;

2) Nelle società di capitali e cooperative la decisione è presa dagli amministratori, con verbale redatto da un notaio e iscritto al Registro Imprese.

Art. 160, 2° comma

Il piano può prevedere:

a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma……;

b) l’attribuzione delle attività (…) ad un assuntore…;

c) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei;

d) trattamenti differenziati tra “le varie classi”.

Chi è l’ASSUNTORE??

E’ un soggetto terzo che si accolla, con estromissione dell’imprenditore in crisi o in solido con questi, tutte le obbligazioni nascenti dal concordato ottenendo in cambio la cessione di tutte le attività dell’impresa. Possono costituirsi come assuntori i creditori stessi o società, preesistenti o da costituire, le cui azioni sono attribuite ai creditori per effetto del concordato.

Art. 161 – Domanda di concordato

La domanda per l’ammissione al concordato è proposta con ricorso, sottoscritto dal debitore, al tribunale del luogo in cui l’impresa ha la sede principale (= sede legale).

N.B. Irrilevanza trasferimento sede impresa nell’anno antecedente il deposito del ricorso: vietato il forum

shopping

Art. 161 - Domanda di concordato

Il debitore deve presentare con il ricorso:

a) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa;

b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori e delle risp. Cause di prelazione;

c) l’elenco dei titolari di diritti reali o personali sui beni di proprietà o in possesso del debitore;

d) il valore dei beni e dei creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili.

Art. 161 – Domanda di concordato

Il piano e la documentazione devono essere accompagnati dalla relazione di un professionista (che abbia i requisiti già stabiliti per la nomina a curatore) che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo.

Il professionista può e deve, in tal sede, fare un controllo della contabilità, al fine ultimo di verificare l’attuabilità concreta del piano e la veridicità dei dati esposti.

Art. 177 – Maggioranza per l’approvazione del concordato

Il concordato è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto.

Sono ammessi al voto:

- i creditori chirografari;

- i creditori privilegiati che rinuncino alla prelazione in misura almeno pari ad 1/3

- i cred. Privilegiati dei quali il piano preveda la falcidia per l’importo del credito che non sarà soddisfatto.

Art. 177, 1° comma – Maggioranza per l’approvazione

Laddove siano previste diverse classi di creditori, per l’approvazione del concordato è necessario:

- il voto favorevole della maggioranza “complessiva” dei crediti ammessi al voto;

- il voto favorevole della maggioranza delle classi (se infatti una minoranza delle classi vota “contro”, vale la regola del cram down, per cui occorre l’approvazione specifica del Tribunale).

Sunday, December 09, 2007

Caso 9° settimana

Il consiglio di amministrazione della società Alfa spa è composto da Tizio, Caio e Sempronio. Tizio è amministratore delegato.

Il bilancio d'esercizio al 31.12.2006 approvato dall'assemblea rappresenta una perdita per € 100.000,00.

Il socio Mevio, titolare di una partecipazione di minoranza del 10%, viene a conoscenza del fatto Alfa, tramite l'amministratore delegato, ha stipulato un contratto di fornitura simulato Tale che, apportando le rettifiche al bilancio d'esercizio conseguenti all'eliminazione dell'operazione simulata, esso determinerebbe un utile pari ad € 50.000.

In qualità di consulenti di Mevio dovete suggerire le azioni più opportune per tutelare i diritti del socio.

Sunday, December 02, 2007

Caso 8° settimana

Gli amministratori della società Alfa decidono di conferire l'intera azienda sociale nella Beta spa

a seguito dell'aumento di capitale conseguente al conferimento, Alfa verrà a detenere il 90% del capitale sociale di Beta.

Gli amministratori di Alfa, prima di procedere all'operazione, vi domandano un parere circa la possibilità di procedere mediante una delibera di consiglio di amministrazione ovvero l'obbligo di convocare un'assemblea ordinaria che deliberi lo scorporo e successivo conferimento.

cfr. artt. 2380 bis e 2361 c.c.

Sunday, November 25, 2007

Caso 7° settimana

La compagine sociale della società Alfa spa, quotata in un mercato regolamentato, è così composta:
Tizio: 20%
Caio: 10%
Sempronio: 30%
Piccoli azionisti: 40%

Tizio e Caio sono legati da un sindacato di voto segreto, non dichiarato né alla società, né alla consob, né all'assemblea.
In occasione dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio, in prima convocazione e con i quorum legali di cui all'art. 2368, sono presenti Tizio, Caio e Sempronio, nonché piccoli azionisti per un totale del 70% del capitale sociale.

Il bilancio viene approvato con il voto favorevole di Tizio, Caio e Sempronio e contrario dei piccoli azionisti. Questi, successivamente, riunitisi, impugnano la delibera per violazione dell'art. 2341 ter, comma 2°, cod. civ.

Assunte le vesti del consulente di Sempronio, vi viene chiesto un parere circa il possibile esito della controversia.

Sunday, November 18, 2007

Caso 6° settimana

La società Alfa emette due categorie di azioni: Azioni di classe A ed Azioni di classe B, rispettivamente sottoscritte, quelle di classe A, dal socio Tizio e quelle di classe B dal socio Caio.
Le azioni di classe A hanno il pieno diritto di voto, le azioni di classe B sono prive del diritto di voto, ma hanno diritto ad ottenere a titolo di utile una cedola annuale pari al 3% del valore nominale dell'azione.

Tizio e Caio intendono sottoscrivere altresì un patto parasociale in forza del quale anche in caso di perdite da parte di Alfa, e dunque di assenza di utili, Tizio si impegna a garantire a Caio il medesimo rendimento che gli sarebbe stato dovuto a titolo di utile.

E' lecito il patto sopra descritto, considerato che la giurisprudenza ritiene applicabile alle società per azioni il divieto di patto leonino di cui all'art. 2265 cod. civ.?

Sunday, November 11, 2007

Caso 5° settimana

Tizio e Caio costituiscono una spa denominata "Alfa spa" con capitale pari ad € 200.000, sottoscrivendo ciascuno titoli azionari di un valore nominale pari ad € 100.000, da liberare in danaro.
Tizio procede al versamento della totalità dei conferimenti promessi; Caio invece procede alla liberazione nella misura pari al 25%, e resta debitore della restante somma di € 75.000.

Successivamente, Caio stipula un contratto di consulenza biennale con Alfa per un corrispettivo pari ad € 75.000 annuali.

La società vi richiede un parere circa la possibilità di compensare, ai sensi dell'art. 1243 cod. civ., il credito del socio relativo al pagamento del corrispettivo pattuito con il suo debito a titolo di conferimento.

riferimenti: art. 2342, comma 5°; art. 2343; art. 2343 bis; art. 1344 (??)

Friday, October 12, 2007

Casi 2° settimana

I casi sono due, uno per ogni studente volontario. Per ogni chiarimento potete postare qui di seguito oppure inviarmi una mail. Le modalità espositive sono libere; un suggerimento di scaletta potrebbe essere:

- breve esposizione caso e domande dell'attore

- possibile replica convenuto (se ipotizzabile)

- fondamento normativo della decisione e soluzione.


Caso 1°

La società Alfa è titolare del marchio registrato “Net4Fax” in relazione al settore delle telecomunicazioni.

La società Beta, successivamente alla registrazione del marchio di Alfa, fa uso della denominazione “NetFax” per contraddistinguere il proprio servizio di fax offerto tramite la rete internet.

Alfa conviene in giudizio Beta e richiede, ai sensi dell’art. 124 cod. proprietà industriale, l’accertamento della violazione del proprio diritto al marchio e l’inibizione a Beta dell’uso del marchio “NetFax”.

Chiarisca lo studente quale potrebbe essere la soluzione fornita dal giudice, sulla base del quadro normativo e – eventualmente – della situazione di fatto riscontrabile nel mercato.

cfr. art. 12 Cod. proprietà industriale e, per la situazione di fatto, google è sempre utile.

Caso 2°

La società Alfa opera nel settore della compravendita immobiliare ed è titolare del marchio non registrato “TuttoCompreso”, di cui fa uso per promuovere i propri servizi.

Il sig. Rossi, studente universitario, registra il nome a dominio www.tuttocompreso.it, e vi pubblica un sito internet che opera sostanzialmente come una bacheca gratuita di annunci per studenti in cerca di alloggio.

La società Alfa richiede giudizialmente l’accertamento della violazione dei propri diritti (art. 2598, n. 1, cod. civ.) e l’inibizione al sig. Rossi all’utilizzo del nome a dominio indicato, in quanto operante nel medesimo settore merceologico.

- Chiarisca lo studente se la domanda di Alfa è fondata, accoglibile e quali potrebbero essere le eccezioni di Rossi idonee a determinarne il rigetto.

Wednesday, October 03, 2007

caso 1° settimana

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI TORINO

I sezione civile

riunito in camera di consiglio in persona di:

Dott. Enzo Troiano Presidente

Dott. Massimo Macchia Consigliere

Dott. Adriano Patti Consigliere rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n° 549 del Ruolo Generale per gli affari contenziosi dell’anno 2007 e posta in deliberazione ai sensi dell’art. 352 c.p.c. promossa da:

V. C., residente in Ghiffa (VB), in proprio e quale legale rappresentante della MASSERIA PUGLIESE S.r.l. in liquidazione, con sede in Verbania, elettivamente domiciliato in via Peyron 1, presso lo studio dell’Avv. Luigi Landini, che lo rappresenta e difende insieme con l’Avv. Alberto Beer del foro di Verbania per mandato in atti;

APPELLANTE

CONTRO:

CASTELLANZA FORMAGGI S.p.a., in persona del legale rappresentante, con sede in Busto Arsizio (VA), elettivamente domiciliata in Torino, via Sagliano Micca 4,

presso lo studio dell’Avv. Vincenzo Fanelli, che la rappresenta e difende insieme con l’Avv. Miriam Arabini del foro di Busto Arsizio per mandato in atti;

APPELLATA

FALLIMENTO MASSERIA PUGLIESE S.r.l. in liquidazione, in persona del Curatore, con studio in Verbania;

APPELLATO CONTUMACE

Conclusioni delle parti

Per l’appellante:

“Voglia codesta Ill.ma Corte d’Appello adita, reiectis contrariis,

dichiarare nulla, illegittima o inefficace e pertanto revocare la sentenza dichiarativa di fallimento contro la Masseria Pugliese S.r.l. di V. C. e M. Bruno. n. 4/07 del Tribunale di Verbania, datata 15 febbraio 2007 e pubblicata il 24 febbraio 2007, in quanto nulla ed emessa in violazione del disposto di cui all’art. 1 l.f., in ordine alla assoggettabilità alla disciplina fallimentare.

Con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio.”

Per Castellanza Formaggi s.p.a.:

“Voglia codesta Ill.ma Corte d’Appello adita, reiectis contrariis,

rigettare il ricorso avverso la sentenza dichiarativa di fallimento n. 4/07 pubblicata il 24 febbraio 2007 pubblicata il 24 febbraio 2007, pertanto confermandola.

Con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio.”

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 5 aprile 2007, Masseria Pugliese S.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante, premesso di essere stata dichiarata fallita, su ricorso (presentato il 6 dicembre 2006) della creditrice istante Castellanza Formaggi s.p.a., in persona del legale rappresentante, dal Tribunale di Verbania con sentenza pubblicata il 24 febbraio 2007, proponeva appello, ai sensi del novellato (con il d. lgs. 9 gennaio 2006, n. 5) art. 18 l. fall., avverso la predetta sentenza, davanti a questa Corte nei confronti della curatela fallimentare e della creditrice istante, chiedendone, sulla base di due motivi di gravame, la riforma, con la revoca del fallimento dichiarato.

Nella resistenza, con argomentata confutazione dei vari mezzi, di Castellana Formaggi S.p.a., in persona del legale rappresentante, che concludeva per la reiezione dell’appello avversario e la contumacia invece del Fallimento appellato, dopo la relazione, all’odierna udienza, del consigliere incaricato e la discussione dei difensori delle parti costituite, la Corte decideva la causa, sulle precisate conclusioni in epigrafe trascritte, dando lettura del dispositivo in pubblica udienza (riservandone la motivazione nei quindici giorni successivi).

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di gravame, Masseria Pugliese S.r.l. in liquidazione si duole, in persona del legale rappresentante, che il tribunale abbia erroneamente applicato l’art. 1, secondo comma l. fall., ravvisando, pure in assenza, sulla base della nota della Guardia di Finanza del 22 dicembre 2006 e della documentazione in atti, dei requisiti dimensionali stabiliti dalla novellata disposizione (conseguimento di ricavi lordi, calcolati sulla base dell’ultimo triennio, per un ammontare complessivo annuo superiore a € 200.000,00; investimenti nell’azienda per un capitale di valore superiore a € 300.000,00), la ricorrenza del requisito soggettivo di fallibilità, in esito alla ritenuta perdurante vigenza, anche ai fini individuativi dell’area di fallibilità, dell’art. 2083 c.c., escluso nell’integrazione dei suoi requisiti di piccola imprenditorialità in capo all’odierna appellante, in particolare per la forma (società di capitali) e per l’oggetto (vendita all’ingrosso di generi alimentari) dell’attività di impresa esercitata: dovendosi, infatti, correttamente negare ogni residuo spazio di vigenza, per una valutazione qualitativa (in funzione integrativo-sostitutiva), quale quella espressa dall’art. 2083 c.c., a fronte della chiara scelta legislativa di un apprezzamento delle dimensioni dell’impresa, ai fini concorsuali, esclusivamente quantitativo.

Eccepisce Castellana Formaggi S.p.a. l’infondatezza del mezzo, per la corretta argomentazione del tribunale, a fondamento del fallimento dichiarato, in esito ad un’esatta interpretazione dell’art. 2083 c.c., così come applicato nella giurisprudenza (ampiamente richiamata) consolidatasi nella vigenza della legge fallimentare anteriore alla riforma.

Con il secondo motivo di gravame, Masseria Pugliese S.r.l. in liquidazione deduce l’erronea applicazione dell’art. 1, secondo comma l. fall., sotto il subordinato profilo dell’indebita considerazione, ai fini della valutazione di preminenza del capitale investito sul lavoro (in particolare, personale dei soci) impiegato nell’attività di impresa svolta, nell’ottica interpretativa dell’art. 2083 c.c., di parametri reddituali riferiti all’intero periodo (e non soltanto all’ultimo triennio).

In ordine al primo motivo di gravame, relativo a violazione dell’art. 1, secondo comma l. fall. (nel testo sostituito dall’art. 1 d. lg. 9 gennaio 2006, n. 5, in vigore dal 16 luglio 2006), per la ritenuta applicazione dell’art. 2083 c.c., la Corte osserva, in via di premessa, come non sia in contestazione tra le parti (e, d’altronde, effettivamente risultando, per diretta verifica anche di questo giudicante della documentazione versata in atti), l’insussistenza dei sopra richiamati requisiti soggettivi, prescritti dalle lettere a), b) della disposizione in esame.

Ciò posto in linea di fatto, occorre rilevare come il novellato art. 1 l. fall., nel ribadire, al primo comma, la soggezione alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo (abrogata l’amministrazione controllata dall’art. 147 d. lg. 5/2006) degli imprenditori esercenti un’attività commerciale, con esclusione degli enti pubblici e de”i piccoli imprenditori”, abbia chiaramente indicato come “ai fini del primo comma, non sono piccoli imprenditori” coloro che esercitino un’attività commerciale, in forma individuale o collettiva, caratterizzata, anche in via alternativa, dai suddetti requisiti dimensionali.

Pur nella corretta rilevazione, da parte di attenta dottrina, del difetto di coordinamento della locuzione con gli artt. 2221 (secondo cui sono soggetti alle procedure concorsuali “gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale … esclusi i piccoli imprenditori”) e 2083 c.c. (secondo cui tali sono, oltre che i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani ed i piccoli commercianti, “coloro che esercitano un’‘attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia”), per l’assoggettabilità a fallimento, nel superamento dei parametri indicati dalla novella legislativa, anche di soggetti pur rientranti nella qualificazione codicistica di piccolo imprenditore, come pure dell’equivoca formulazione dell’esenzione concorsuale (“non sono …”), pare a questa Corte che la volontà del legislatore al proposito sia sufficientemente chiara e come tale debba essere applicata dall’interprete.

Come da subito e perspicuamente osservato, non può, infatti, sfuggire la ben diversa nettezza di affermazione del legislatore del 2006 (“non sono” piccoli imprenditori), in sé autosufficiente e senza rimandi ad altre nozioni, rispetto al legislatore del 1942 (“sono considerati” piccoli imprenditori), che invece lasciava un diverso spazio, sul piano definitorio, seppure ai fini concorsuali, ad assimilazioni richiamanti una più generale nozione di piccolo imprenditore, appunto contenuta nell’art. 2083 c.c.

Ancora sul piano della chiarezza, neppure può essere sottaciuta l’inequivoca limitazione, all’esordio del secondo comma, dei “non piccoli imprenditori”, così come individuati alle lettere a), b) dello stesso comma, “ai fini del primo comma” e pertanto ai soli fini della soggezione alle procedure concorsuali (andandone esenti i piccoli):

ciò che peraltro non deve destare, ad avviso di questa Corte, particolari preoccupazioni di incoerenza rispetto ad una pretesa nozione unitaria nell’ordinamento (neppure concorsuale, per la ragione detta) di piccolo imprenditore, così inducendo la conclusione della nuova individuazione, non già di una nozione fallimentare di imprenditore piccolo, quanto piuttosto di una presunzione legale di impresa media o comunque non piccola ai fini fallimentari o addirittura di piccolo imprenditore in via di eccezione (così: Trib. Firenze 31 gennaio 2007, in Fall., 2007, 591 s.m.).

E’ da sempre ben nota, infatti, la difficoltà di una definizione unitaria nel nostro ordinamento di piccolo imprenditore o di piccola impresa, che, secondo il disorganico quadro legislativo “di settore” esistente, coinvolge realtà imprenditoriali tra loro sommamente distanti, da organismi produttivi minimi (riconducibili al tradizionale dettato dell’art. 2083 c.c.) a modelli imprenditoriali più complessi per struttura organizzativa e dimensioni, come in particolare emergente dai criteri di individuazione delle piccole e medie imprese, in termini dimensionali, occupazionali e di investimento del d.m. 18 marzo 1997, di aggiornamento del precedente d.m. 22 marzo 1994, in attuazione del d.l. 20 maggio 1993, n. 142, previsti dal legislatore nazionale, sia pure ai fini dell’adeguamento alla disciplina comunitaria per l’accesso alle agevolazioni previste per tali imprese appunto.

Pare allora in contrasto con il dato effettivo di realtà continuare ad inseguire un presunto modello qualitativo di piccolo imprenditore (la cui univocità peraltro neppure è mai stata attinta, come attestato dal travagliato dibattito interpretativo, in ordine alla incertezza definitoria della nozione contenuta nell’art. 2083 c.c., in riferimento all’individuazione del bilanciamento dei parametri di capitale e di lavoro, alla distinzione, anche a tali fini, tra imprenditore individuale e collettivo, nonché al rapporto con l’impresa artigiana), una volta che il legislatore si sia espresso con (sufficiente) chiarezza, nel senso di un’opzione quantitativa.

Una tale scelta, liberata da sempre problematici (e spesso ambigui) accertamenti di natura qualitativa, appare, innanzi tutto, coerente con il criterio direttivo della legge delega di “semplificare la disciplina attraverso l’estensione dei soggetti esonerati dall’applicabilità dell’istituto” fallimentare (art. 1, sesto comma, lett. a, p.to 1 l. 14 maggio 2005, n. 80), cui risponde anche l’espresso riferimento ad ogni forma di imprenditorialità, individuale e collettiva, all’evidente scopo di superare ogni controversa interpretazione, in ordine all’inclusione o meno delle società commerciali nel novero della categoria del piccolo imprenditore.

In ordine poi alla portata dell’intervento normativo, neppure appare dubbio l’intendimento di una ridefinizione dell’ambito soggettivo di applicazione dell’istituto fallimentare, come ben chiarisce la relazione di accompagnamento all’art. 1 del d.l. 5/2006, che illustra poi come “l’ampliamento dei soggetti esonerati” sia “stato inteso in senso quantitativo e non meramente qualitativo”: così ponendosi, al di là della concreta individuazione di criteri e di parametri, in continuità con quell’indirizzo riformatore configurante il piccolo imprenditore sulla base di indici oggettivamente misurabili, con criteri, volta a volta, fondati: “sul totale dell’attivo patrimoniale, sul totale dei ricavi e sul numero dei dipendenti e tenendo conto di parametri ponderati in funzione del prodotto interno lordo di ciascuna Regione” (artt. 4, primo comma, lett. b e 5, primo comma, lett. b dello schema di disegno di legge delega approvato dalla maggioranza della commissione ministeriale istituita con d.m. 28 novembre 2001); sulla realizzazione, nei tre anni precedenti l’apertura della procedura, di un importo di ricavi (inizialmente indicato in € 250.000), periodicamente aggiornabile (art. 2, lett. e dello schema di disegno di legge della commissione ministeriale istituita con d.m. 27 febbraio 2004); sull’entità di investimento di capitale (inizialmente indicato in € 100.000) negli ultimi cinque anni, periodicamente rivalutabile secondo gli indici Istat (art. 1 del disegno di legge n. 5736, Camera dei deputati, XIV Legislatura, cd. “maxiemendamento”).

Come ben si comprende, tutti i suddetti parametri sono il frutto dell’adozione “quale unico criterio” di individuazione del piccolo imprenditore, ai fini dell’applicazione della disciplina concorsuale, di “quello quantitativo” (come, in particolare affermato nella relazione di accompagnamento al suddetto “maxiemendamento”): ed in tale solco si è posto appunto il legislatore del 2006.

Appare allora ineludibile a questa Corte, secondo il tenore letterale della disposizione letto alla luce della volontà del legislatore, come sopra criticamente esaminata, che, ai fini dell’attuale individuazione degli imprenditori soggetti alle procedure concorsuali, debba farsi esclusivo riferimento ai criteri dimensionali prescritti dal novellato art. 1, secondo comma l. fall., senza alcun residuo spazio applicativo per l’art. 2083 c.c. (in tale senso, tra le prime interpretazioni edite, pure: Trib. Catania 28 novembre 2006, decr., in Fall., 2007, 558; Trib. Mantova 1 febbraio 2007, ivi, 2007, 591).

Alla luce delle superiori argomentazioni, pare evidente che il Tribunale di Verbania abbia disatteso i suddetti canoni interpretativi, erroneamente ravvisando la vigenza dei criteri (nel verificato difetto di quelli dell’art. 1, secondo comma l. fall.) previsti dall’art. 2083 c.c. (non ricorrenti in capo alla Masseria Pugliese S.r.l. in liquidazione, anche tenuto conto della sua forma organizzativa e dell’oggetto della sua attività, per la preminenza in essa del capitale investito sul lavoro impiegato, con particolare riferimento all’entità dei ricavi conseguiti durante tutto il periodo di operatività), per tale via ermeneutica pervenendo alla sua dichiarazione di fallimento: sicchè essa, in accoglimento del mezzo esaminato (con assorbimento del secondo subordinato), deve essere revocata.

La novità della questione interpretativa costituisce, infine, giustificato motivo per la compensazione integrale tra le parti delle spese del presente grado.

P.Q.M.

La Corte d’Appello

V° l’art. 18 l. fall.,

in accoglimento dell’appello proposto da V. C., in proprio e in qualità di legale rappresentante della Masseria Pugliese S.r.l. in liquidazione, avverso la sentenza dichiarativa del fallimento della società anzidetta,

revoca

il fallimento dichiarato dal Tribunale di Verbania con sentenza n. 4 del 15 – 24 febbraio 2007;

dichiara

interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio;

fissa

il termine di quindici giorni per il deposito della motivazione.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del 15 giugno 2007

Il Presidente

Il Consigliere Est. (Dott. Enzo Troiano)

(Dott. Adriano Patti)

Pubblicata il 22 giugno 2007

Thursday, November 09, 2006

L'amministrazione straordinaria della grandi imprese in crisi

5. L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (D.LGS. n. 270/1999 e D.L. n. 347/2003)

5.1. Nozione. – Si tratta di una procedura che si applica ad imprese e a gruppi di imprese di grandi dimensioni aventi i requisiti di cui all’art. 2 D.LGS. n. 270/1999 ed all’art. 1 D.L. n. 347/2003 e che ha come finalità il mantenimento della continuità dell’attività dell’impresa in dissesto e la tutela dei residui valori tecnici, commerciali, produttivi ed occupazionali (negli ultimi anni a tale procedura sono stati ammessi, tra gli altri, il Gruppo Parmalat e la compagnia aerea Volare spa).

5.2. Presupposti. – L’istituto si applica alle imprese commerciali non soggette a l.c.a. che abbiano congiuntamente i seguenti requisiti:

a) almeno 200 lavoratori subordinati nell’ultimo anno;

b) ammontare dei debiti non inferiore a 2/3 sia del totale dell’attivo dello stato patrimoniale sia dei ricavi delle vendite e prestazioni dell’ultimo esercizio;

c) sussistenza di effettive prospettive di recupero dell’equilibrio economico-finanziario.

5.3. Procedura. – Ha carattere giudiziario e si articola in più fasi:

a) istanza da parte dell’imprenditore;

b) verifica dei requisti ed accertamento dello stato di insolvenza da parte del tribunale fallimentare;

c) emissione della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza da parte del tribunale fallimentare; con tale provvedimento il tribunale nomina altresì il giudice delegato ed il commissario giudiziale e provvede in ordine alla gestione dell’impresa, lasciandola all’imprenditore overo affidandola al commissario;

d) il commissario analizza la situazione aziendale, redige una relazione sulla medesima e sulle cause del dissesto e si pronuncia sulla sussistenza di un’effettiva possibilità di recupero dell’impresa;

e) in una seconda fase il tribunale fallimentare valuta se sussistono possibilità di recupero e in caso positivo dichiara l’apertura della procedura; in caso contrario dichiara il fallimento dell’impresa.

Se l’impresa è ammessa alla procedura, il commissario giudiziale deve perseguire il risultato di riportare l’impresa in una situazione di equlibrio economico optando per una delle seguenti alternative (art. 27 D.LGS. 270/1999):

- cessione degli assets aziendali sulla base di un programma di prosecuzione della gestione annuale;

- ristrutturazione economica dell’impresa sulla base di un programma di risanamento biennale.

A seconda del caso concreto, la procedura può pertanto incanalarsi verso due strade e finalità alternative:

a) liquidatoria, finalizzata prevalentemente alla soddisfazione dei creditori;

b) conservativa, finalizzata prevalentemente alla ristrutturazione aziendale ed al ritorno in bonis dell’impresa.

La liquidazione coatta amministrativa

4. La liquidazione coatta amministrativa (l.c.a) (artt. 194-215 L.F. e varie leggi speciali).

4.1. Nozione. – Si tratta di una procedura speciale a cui sono soggette particolari categorie di imprese operanti in settori che coinvolgono interessi pubblicistici e il cui dissesto ha notevoli ripercussioni di portata generale.

A titolo esemplificativo, sono assoggettate a liquidazione coatta amministrativa:

a) le imprese assicurative;

b) le società cooperative;

c) le imprese bancarie;

d) le società fiduciarie e di revisione;

e) le società di intermediazione mobiliare e le imprese di investimento.

La l.c.a., che ha finalità liquidatoria, comporta la sostituzione di un ufficio pubblico (di natura amministrativa e non giudiziario) all’imprenditore nel potere gestorio al fine della liquidazione dell’impresa.

4.2. Rapporti col fallimento. – Regola generale è che le imprese soggette a l.c.a. sono escluse dalla soggezione a fallimento. Vi sono tuttavia imprese (tra cui le società cooperative) che sono soggette ad entrambe le procedure concorsuali secondo un principio di prevenzione (cfr. art. 2545-terdecies cod. civ.).

4.3. I presupposti. – Caratteristica della l.c.a. è la molteplicità dei presupposti che possono darvi luogo; schematicamente:

a) insolvenza;

b) irregolarità nella gestione e/o nel funzionamento dell’impresa;

c) motivi di pubblico interesse che, a giudizio degli organi governativi, suggeriscono la soppressione dell’impresa.

4.4. La procedura. – La procedura di l.c.a. è caratterizzata dall’intervento sia del tribunale fallimentare sia dell’autorità amministrativa secondo il seguente schema.

Sono di competenza dell’autorità amministrativa:

a) il provvedimento (decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale) di messa in liquidazione e di nomina del commissario liquidatore;

b) la gestione e la liquidazione dell’impresa, che sono affidate al commissario sotto la vigilanza dell’autorità amministrativa.

Spettano invece al Tribunale Fallimentare:

c) l’accertamento dello stato di insolvenza (che può essere anteriore o successivo al decreto di l.c.a.);

d) la decisione sulle impugnazioni relative allo stato passivo e sull’eventuale concordato (v. art. 214 L.F.).

il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione

3. Il concordato preventivo (artt. 160-186 L.F.)

3.1. Nozione. – Il concordato preventivo è uno strumento che la legge fallimentare offre all’imprenditore per evitare il fallimento ed i connessi effetti negativi (cessazione dell’attività di impresa; spossessamento dei beni; effetti personali, etc…).

Elemento essenziale del concordato (da cui mutua il nome) è l’accordo fra imprenditore e creditori circa le modalità con cui i secondi dovranno essere soddisfatti.

3.2. Condizioni per l’ammissione alla procedura. – La procedura in esame è ammissibile solo su istanza dell’imprenditore al tribunale fallimentare e ove ricorrano alcuni presupposti oggettivi e soggettivi (at. 160 L.F.).

a) Presupposti soggettivi:

- qualità di imprenditore commerciale non piccolo;

- sussistenza dello stato di crisi dell’imprenditore: non necessariamente insolvenza; può trattarsi anche di un’ipotesi di difficoltà finanziaria e/o crisi di liquidità temporanea e non irreversibile; il legislatore consente quindi anche all’imprenditore che si trovi in mera difficoltà, ancorché non sia insolvente, di avviare un processo giudiziale di risanamento.

b) Sotto il profilo oggettivo è necessario che l’imprenditore proponga ai creditori un piano di risanamento della propria esposizione debitoria alternativamente attraverso:

- la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo o altre operazioni straordinarie, compresa anche l’attribuzione ai creditori di azioni, obbligazioni convertibili, strumenti finanziari o titoli di debito;

- l’attribuzione delle attività dell’imprenditore che formula la proposta di concordato ad un assuntore (che può essere alternativamente: uno o più creditori; un terzo; una società partecipata da uno o più creditori); tale piano di risanamento prevede in sostanza che l’imprenditore in crisi ceda la propria azienda o un ramo di essa all’assuntore (una sorta di “garante” della procedura), il quale dovrebbe curarne l’efficiente gestione e pagare i creditori con gli utili derivanti dalla gestione. In alternativa, l’art. 160 n. 2 L.F. prevede che la funzione di assuntore del concordato possa essere ricoperta da una società costituita ad hoc nel corso della procedura.

Si deve comunque rilevare che le previsioni legislative sono alquanto generiche e incomplete; saranno quindi l’autonomia privata e la prassi (aziendale e giurisprudenziale) a tipizzare i contenuti dei piani di risanamento.

3.4. Gli effetti dell’ammissione al concordato. – Una delle differenze più significative tra concordato e fallimento (e che rendono la procedura in esame senz’altro più appetibile rispetto al fallimento) e che l’imprenditore conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa, sebbene sotto la vigilanza del commissario giudiziale (art. 167, primo comma, L.F.).

Per il compimento di atti di particolare rilievo (stipula di mutui; transazioni; vendita di immobili; concessioni di pegno e ipoteche; rilascio di fideiussioni; rinunzie alle liti; atti di ricognizione di diritti di terzi; cancellazione di ipoteche; restituzione di pegni; accettazioni di eredità e donazioni) è peraltro prevista l’autorizzazione scritta del gudice delegato, pena l’inefficacia dei medesimi rispetto ai creditori anteriori al concordato.

Per quanto riguarda la posizione dei creditori, gli effetti del concordato sono in parte analoghi a quelli del fallimento (art. 168, L.F.); si verifica cioè una sorte di “congelamento” della posizione dell’imprenditore ammesso al concordato allo scopo di consentire sia il risanamento dell’impresa, sia la soddisfazione dei creditori secondo una logica concorsuale:

a) i creditori in forza di un titolo anteriore al decreto di ammissione alla procedura non possono iniziare o proseguire azioni esecutive individuali;

b) restano sospese le prescrizioni e non si verificano le decadenze;

c) i creditori chirografari possono acquistare diritti di prelazione, ma solo previa autorizzazione scritta del giudice delegato;

d) viene sospeso il corso degli interessi (convenzionali o legali) sui debiti pecuniari.

3.5. La procedura. – Il concordato si articola nelle seguenti fasi:

a) domanda dell’imprenditore di ammissione al tribunale fallimentare con allegazione della prescritta documentazione;

b) decreto del tribunale che, previa verifica della menzionata documentazione e dei requisiti, ammette l’imprenditore alla procedura, nomina il giudice delegato e il commissario giudiziale e ordina la convocazione dei creditori;

c) adunanza e votazione dei creditori;

d) giudizio di omologazione da parte del tribunale fallimentare ed emissione della sentenza di omologa;

e) attuazione del concordato nelle specifiche modalità previste dal piano presentato dall’imprenditore.

Il commissario giudiziale riveste l’importante e delicata funzione di vigilare sull’attività dell’imprenditore e sul rispetto del piano di risanamento; il commissario ha altresì il potere-dovere di consultare in qualsiasi momento tutti i libri e le scritture contabili dell’impresa (v. art. 170 L.F.).

Il commissario – che ha natura di pubblico uffiiciale – è inoltre “protagonista” nella prima fase della procedura, svolgendo compiti di controllo e di informazione:

Più in particolare, in seguito al decreto di ammissione alla procedura:

a) verifica le scritture contabili e redige l’elenco dei debiti e dei crediti;

b) comunica ai creditori la data dell’adunanza e il contenuto del piano proposto dall’imprenditore;

c) redige l’inventario del patrimonio dell’imprenditore;

d) redige una relazione sulle cause del dissesto dell’impresa e sulla condotta dell’imprenditore ed esprime una valutazione sul piano di risanamento proposto in sede di ricorso.

3.6. Gli accordi di ristrutturazione (art. 182-bis L.F.). – Una novità interessante introdotta dal D.L. 35/2005 è costituita dagli accordi di ristrutturazione, una particolare modalità di attuazione del concordato preventivo. Si tratta di accordi stragiudiziali tra imprenditore e parte dei creditori (almeno il 60%) suffragata dalla relazione di un esperto (scelto dall’imprenditore) sulla convenienza e fattibilità degli accordi medesimi.

Gli accordi in esame devono essere analiticamente indicati dall’imprenditore che domanda l’ammissione al concordato e sono soggetti a pubblicazione nel registro delle imprese.

3.7. Risoluzione e annullamento del concordato. – Il concordato può essere:

- risolto, in caso di inadempimento da parte dell’imprenditore degli obblighi assunti;

- annullato, in caso di dolosa esagerazione del passivo o sottrazione o dissimulazione dell’attivo; in entrambi i casi l’imprenditore viene dichiarato fallito.